Il governo e la maggioranza politica in Giappone stanno prendendo in considerazione l’introduzione di una tassazione automobilistica basata sul chilometraggio effettivo in una futura revisione delle tasse automobilistiche per contrastare il calo del numero di auto possedute nel paese.
La maggioranza prevede di includere la politica di revisione di come vengano fissati i prelievi fiscali auto nel medio-lungo termine nel suo pacchetto di riforme del sistema fiscale di metà dicembre.
Attualmente il Giappone ha tre tasse automobilistiche – la tassa di acquisto, la tassa sui veicoli riscossa ogni anno dai proprietari e l’imposta sul peso delle automobili riscossa al momento dell’ispezione obbligatoria delle auto.
Tuttavia, non solo il numero di auto si sta riducendo in Giappone, ma anche il numero dei loro conducenti. Il Fondo Monetario Internazionale ha infatti mercoledì scorso messo in guardia il Giappone contro una possibile contrazione economica di oltre il 25% nei prossimi 40 anni a causa del rapido invecchiamento della popolazione.
Il FMI ha anche affermato che il livello del PIL verrà aumentato di circa il 15% in 40 anni dallo scenario “attuale” se le riforme del mercato del lavoro, del settore delle imprese e del commercio internazionale verranno attuate insieme ad una politica monetaria accomodante ed alla stabilizzazione del debito.
Tra le misure di riforma raccomandate dal FMI vi è una graduale introduzione di contratti che sostituiscano i contratti regolari e non regolari attualmente in vigore, una maggiore partecipazione della forza lavoro femminile e dei lavoratori anziani e una maggiore migrazione pari almeno all’1% della forza lavoro.
Il governo giapponese ha in programma di introdurre l’obbligo per le aziende di consentire ai dipendenti di lavorare fino a quando questi compiono 70 anni abolendo l’età pensionabile dell’azienda, aumentando l’età pensionabile dell’azienda o introducendo un sistema di assunzione post-pensionamento.. Attualmente in Giappone, le aziende sono obbligate a mantenere in servizio i lavoratori fino a 65 anni,. Il governo ha affermato che sta valutando la possibilità di richiedere alle aziende di scegliere tra varie opzioni per continuare l’occupazione fino al 70 puntando ad ampliare le opportunità di lavoro per gli anziani, nel tentativo di mantenere a galla il sistema di sicurezza sociale del paese nonostante una popolazione grigia.
Lo schema di politica economica ha anche richiesto misure a sostegno delle società che sostengono le economie regionali, comprese le banche regionali e gli operatori di autobus, che stanno lottando contro il calo della popolazione e la relativa scarsita di autisti.
Il Fondo monetario internazionale ha dichiarato di attendersi che l’economia giapponese registrerà una crescita dell’1,1% nel 2018 rispetto all’anno precedente, ma che rallenterà fino allo 0,9% nel 2019 a causa del previsto aumento della tassa di consumo al 10% dall’attuale 8% dal primo ottobre 2019. L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe innescare una forte contrazione macroeconomica e quindi per attenuare l’impatto negativo derivante dall’aumento dell’imposta sui consumi, l’agenzia fiscale ha previsto incentivi fiscali per gli acquisti di auto e case come possibili misure da adottare.
Il tasso di inflazione base del Giappone si è mantenuto stabile all’1,0% in ottobre, anche se un recente calo dei prezzi del petrolio globale potrebbe indebolire lo slancio. L’aumento anno su anno dei prezzi al consumo base, che escludono i prezzi dei prodotti alimentari freschi a causa della loro volatilità, è rimasto invariato rispetto a settembre ed è rimasto al di sotto del target di inflazione del 2% della Banca del Giappone.
Prodotti energetici come la benzina e il cherosene sono stati i maggiori contributori degli aumenti, secondo i dati diffusi dal Ministero degli Interni e delle Comunicazioni. Ma con il crollo dei prezzi del petrolio dall’inizio di ottobre, ci sarà probabilmente nel prossimo futuro una pressione al ribasso sui prezzi al consumo in Giappone. I cosiddetti prezzi al consumo core-core, escludendo sia i nuovi prodotti alimentari che i costi energetici, sono aumentati dello 0,4% rispetto all’anno precedente, lo stesso ritmo per il terzo mese consecutivo.